Reverse è uno strumento di rottura del carattere contemplativo dell’oggetto artistico comunemente inteso, un esempio di socializzazione dell’arte che si compie attraverso la sua fruibilità concreta. Esso lambisce provocatoriamente il muro di confine che separa l’agire artistico, indeterminato, fuggevole e soggettivo, dall’operare progettuale, razionale, definito e concreto. Insinua la complementarietà tra l’indeterminatezza di un’immagine interna, generata dall’emozione di un momento, e la determinatezza della figura, destinata alla provocazione di molteplici emozioni collettive. L’incontro tra la fissazione di un’immagine interna e l’esigenza della costruzione materiale della figura, scientificamente trattata al fine di poter essere condivisa, generando così una reazione emotiva a catena, definisce il carattere di ambiguità della presente ricerca estetico-progettuale, dove se da un lato si rifugge la dimensione puramente estetica in direzione di una logica funzionale legata all’uso dell’oggetto, dall’altra questo non può che essere finalizzato alla sintesi in figure delle immagini interne del fruitore. L’oggetto costituisce l’esasperazione delle insolvibili contraddizioni della ricerca progettuale, una riflessione quindi sulla duplice natura che caratterizza la dimensione storica del progetto di design: estetico-simbolica e pratico-funzionale. Che la dialettica tra le due componenti sia frutto di un’impostazione culturale tesa a dividere un processo unico così come è stato per la mente e il corpo dell’uomo? Si potrebbe forse affermare un principio di correlazione che rende necessarie entrambe nel rapporto tra percezione e linguaggio. Nasce così Reverse: dall’intento di fermare un’immagine interna e renderla concretamente fruibile attraverso uno studio della forma/e e delle funzioni atte a generarla/e. Quest’indagine si avvale degli strumenti metaoperativi del linguaggio cui soltanto può compiersi una profonda quanto necessaria riflessione sulla natura stessa del progetto e le sue potenzialità comunicative. L’oggetto è una mimesis della macchina la cui funzione è lo studio e l’osservazione delle trasformazioni spaziali ottenibili tramite il proprio movimento. La macchina allude quindi a se stessa, esplicita i mezzi con cui è fatta al fine di auto-riprodursi continuamente. Il continuum fisico è garantito dall’intervento concreto di un fruitore esterno che entra nel gioco (caricando la macchina), mentre il continuum metafisico si compie attraverso l’interpretazione percettiva della figura sospesa (immagine/i creata/e dal movimento della macchina). Il carattere tautologico non priva perciò l’artefatto del suo potenziale comunicativo, prestandosi l’oggetto ad un’interazione con l’uomo dove le possibilità configurative e formali vengono ampliate dalla variabilità percettiva che le investe. La macchina è un assemblaggio tra solidi di rotazione: cilindri, tubolari e tori. Le geometrie del meccanismo si fondano sulla rotazione attorno ad un asse, attività che viene mimata dal movimento stesso dell’oggetto. Due dischi gommati posizionati perpendicolarmente al piano del pavimento sono tra loro collegati da due semiassi e un giunto centrale che ne consentono la rotazione in direzioni opposte l’uno all’altro. Una sezione di tubolare posta al centro e attraversata dai semiassi, ruotando, alterna l’avvolgimento e lo srotolamento di due elastici che la collegano alla struttura dei dischi. Grazie alla rotazione dei dischi è possibile avvolgere gli elastici attorno ai semiassi e caricare la macchina che, rilasciata su un piano, per attrito effettua delle rotazioni complete alternando la direzione del movimento. Reverse traduce plasticamente l’immagine della continuità spazio-temporale, allude al moto perpetuo attraverso l’apparente reversibilità direzionale continua del movimento.